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Astutillo Malgioglio, il portiere che parava per i più deboli
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Era un buon portiere, ma in carriera fu soprattutto un affidabile dodicesimo: Astutillo Malgioglio e lo Scudetto vinto aiutando i più deboli.
Sfogliando gli album di figurine, a tutti coloro che erano bambini negli anni '80 del secolo scorso, cadeva l'occhio inevitabilmente su quella di un portiere, Astutillo Malgioglio. Ad attirare la curiosità e la simpatia dei più piccoli erano quel suo nome non comune e quel viso sorridente che ispirava fiducia dietro i suoi baffi.
'Tito', il diminutivo con cui lo chiamavano i suoi compagni di squadra - anche se come un altro suo celebre collega, Luciano Bodini, ha speso gran parte della sua carriera come dodicesimo - era un buon portiere. Aveva un fisico scultoreo e tanto coraggio. Ma le sue parate più belle (i bambini questo allora non potevano saperlo) le ha fatte fuori dal campo con il suo impegno e la sua opera in favore dei meno fortunati, i ragazzi affetti da disabilità, fisica e psicologica.
La sua è una storia di straordinaria dolcezza, spesso non compresa da un mondo, quello del calcio, che gli chiedeva soltanto di pensare a neutralizzare i tiri degli avversari senza curarsi troppo dei problemi degli altri. Nato a Piacenza, il 3 maggio 1958, cresce calcisticamente nelle Giovanili del San Lazzaro, poi passa alla Cremonese e quindi al Bologna. Con gli emiliani debutta in Serie A il 22 maggio 1977. In quella gara, ultima giornata di campionato, il tecnico rossoblù Cervellati gli concede la passerella facendolo entrare in campo negli ultimi 10 minuti al posto di Franco Mancini.
di Paolo Camedda