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Storie di Sport | Personaggi, storie, episodi dal mondo dello Sport

responsiveresponsiveStorie di Sport, raccogliere racconti di piccole e grandi imprese in ogni sport, da quelli più famosi a quelli meno praticati. Condividere le storie e le emozioni di cui sono stati protagonisti atleti conosciuti o ignoti, celebrati eroi o semplici meteore. responsive

Il sapore della vittoria: dagli anni ’70 ad oggi per ricordarci che lo sport è integrazione

1971: sembra una vita fa. Più di 40 anni da quando Herman Boone, allenatore di colore, viene chiamato dal liceo T.C. Williams di Alexandria come capo allenatore della squadra di football (i Titans) per sostituire il precedente coach.

1971: sembra una vita fa. Più di 40 anni da quando Herman Boone, allenatore di colore, viene chiamato dal liceo T.C. Williams di Alexandria come capo allenatore della squadra di football (i Titans) per sostituire il precedente coach. Solo un problema: Herman Boone è di colore.

Non solo, metà squadra è di colore e questo non va tanto bene nella Virginia dei primi anni ’70. Bianchi e neri insieme? Allenatori neri che danno ordini, indicazioni, consigli a giocatori bianchi? Inammissibile. Ed è così che all’inizio i rapporti sono tesi e difficoltosi, si creano due fazioni e, come spesso accade, ne emergono litigi e risse. Poi succede il miracolo (miracolo?): i giocatori, uniti dallo sport, riescono ad andare oltre i pregiudizi. Nascono amicizie, forti e durature (si veda quella tra Gerry Bertier e Julius Campbell), si supportano dentro e fuori dal campo e, insieme, accedono alla finale del campionato statale, vincendola.

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2015: 26 giugno, #LoveWins. La data è storica, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiara che il matrimonio è un diritto garantito dalla costituzione anche alle coppie omosessuali. Qualche giorno prima, da una serie tv (Modern Family) emerge l’occasione di riflettere sul tema dell’omossesualità nello sport.Cameron Tucker è dichiaratamente omosessuale, lo è dai tempi del liceo e questo non gli ha affatto semplificato la vita. Sembra assurdo, ma dal 1960 ad oggi abbiamo solo cambiato bersaglio, la discriminazione rimane la stessa. Cameron (e qui naturalmente si parla di finzione cinematografica, ma il dialogo è estremamente attuale e realistico) si sfoga con il proprio compagno riguardo la squadra di football di cui è allenatore: vincono poco, e lui ne soffre. “Cosa vuoi che sia, è solo una squadra di ragazzini”, ribatte il suo interlocutore, “Tu non sai cosa significhi il football per me”, risponde prontamente Cameron, “Ai tempi del liceo ero il ragazzino escluso ed omosessuale, ma quando entravo in quel campo… lì tutto era diverso…”.

Ecco. Ancora football, ancora discriminazione, ancora rivalsa, ancora integrazione, ancora uguaglianza, ancora meritocrazia. In campo non conta se sei bianco o nero, omosessuale o etero, conta quanto sei competente, quanto sei bravo, quanto sei importante per la squadra

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Lo sport è integrazione, lo sport regala un’identità sociale, o ti priva delle altre identità. Quando entri nello spogliatoio, non sei più il ragazzo bravo in matematica, la ragazza timida, l’impiegato annoiato. Sei quello veloce, quella forte fisicamente, quello agile o scattante. Lo sport ti priva delle etichette del mondo esterno, offrendoti la possibilità di mostrare realmente te stesso, senza nessun tipo di maschera o vincolo imposto dagli altri.

Dal 1971 ad oggi, lo sport è sempre arrivato prima degli altri. Nel calcio ancora qualcuno si chiede chi sia omosessuale tra i propri compagni, forse sarebbe il caso di chiedersi chi sia in grado di trascinare la squadra quando è in difficoltà, o chi sia il più portato per giocare in attacco… alla fine è questo quello che conta.

La storia è ciclica, se conosciamo gli errori del passato, non ne commetteremo di simili in futuro. Lo sport ci permette di arrivarci prima: Remember the Titans, e non commetteremo più questi stupidi errori in futuro! 

continua a leggere ......

di Redazione

( Fonte Ment&Sport )

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